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Il Toyota Land Crusier del 1955 salverà l'azienda dalla disfatta con la Crown negli USA, con motore 6 cilindri da 3.9 litri e 133 CV.

UN POSTO TRA I GRANDI

L'automobile nel sol levante in sintesi (terza parte)

di Federico Signorelli


Sono diverse le circostanze che portano la produzione automobilistica giapponese a imporsi dagli anni ’70 in poi nei più importanti mercati mondiali.
Uno dei motivi fondamentali del successo internazionale delle Case giapponesi è il loro modello industriale, alle cui origini troviamo il cosiddetto TPS (Toyota Production System) che viene lanciato nel 1963 dal manager e ingegnere Taichi Ohno partendo da idee già formulate dal fondatore Kiichiro Toyoda. È un metodo di organizzazione della produzione basato sulla domanda effettiva (anziché sull’offerta di stampo Fordista), capace di rispondere in modo flessibile alle richieste reali del mercato abbattendo fortemente i costi: inoltre in questo sistema si inserisce il “Just in time” a partire dagli anni ’70, vero asso nella manica.
Questo modello di gestione industriale fa in modo che venga prodotto solo ciò che serve, nella quantità utile e in relazione alle richieste della clientela, ottimizzando così produzione, immagazzinamento, fornitura e riducendo gli sprechi. Il risultato è una produzione snella, flessibile e dai costi molto bassi che però funziona solo sulla base di un’organizzazione e una logistica impeccabili, difficilmente replicabile in contesti produttivi “non nipponici”.
Un primo banco di prova del sistema è la crisi energetica, economica e produttiva generata dalla “Guerra del Kippur” nel 1973 oltre alla crescente sensibilità sui temi legati all’inquinamento ambientale che porterà alle prime leggi sulla riduzione delle emissioni. Gli eventi sconvolgeranno i piani di tutti i costruttori occidentali che si troveranno in grossa difficoltà nell’interpretare l’inedito e immediato futuro; se ciò è particolarmente vero per gli Stati Uniti che si trovano a dover rivedere radicalmente e con difficoltà il proprio modo di concepire l’auto e la mobilità, così non è per il Giappone che con Honda, Toyota e Nissan/Datsun, forti di sistemi innovativi e idee fresche, iniziano a conquistare i mercati esteri (dopo anni di tentativi dalla seconda tarda metà degli anni ’60). Ma per arrivarci la strada è stata ricca di tentativi fallimentari, ed esemplificativo è il caso della Toyota con la sua prima vettura importata negli USA, dove sceglie di presentarsi col marchio Toyopet...

 

Articolo completo su epocAuto di Ottobre

 

 

 

 

 

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